intervista a Daniela Bevilacqua
Da occidentali quali siamo, che guardano all’India, è purtroppo facile inciampare in una visione orientalista, ovvero riversare aspettative, pregiudizi e cliché nei fenomeni che osserviamo e di cui difficilmente capiamo il senso, perché distanti dal nostro modo di pensare e di vedere il mondo. Il Kumbh Mela può apparire come un evento dal fascino esotico, un appuntamento da non perdere e da inserire nella to do list del “vero” yogin, un pellegrinaggio da fare almeno una volta nella vita, un’esperienza fotogenica per nutrire i nostri canali social.
Onde evitare di imbarcarsi nell’avventura sprovvisti di un bagaglio culturale consapevole e possibilmente approfondito, ne parliamo con Daniela Bevilacqua, indianista ed etnografa, che studia e frequenta da anni il subcontinente indiano.
Daniela Bevilacqua è un’indianista specializzata in ascetismo indù, indagato da una prospettiva etnografica e storica. Ha conseguito il dottorato in Civiltà dell’Africa e dell’Asia presso l’Università Sapienza di Roma e in Antropologia presso l’Università di Parigi Nanterre. Ha lavorato come ricercatrice post-dottorato presso la SOAS, per il progetto Haṭha Yoga finanziato dall’ERC (2015-2020). È autrice di Modern Hindu Traditionalism in Contemporary India (2018, Routledge), From Tapas to Modern Yoga (2024, Equinox) e di numerosi articoli e capitoli di libri su argomenti relativi alla tradizione religiosa indù, al genere e alle pratiche incarnate.
