L’idea, comune a tanti, è che durante le attività sportive l’espirazione dalla bocca sia associata ad una maggiore efficacia in termini di ricambio di aria e, in generale, dell’esercizio stesso.
Ma non è esattamente così che funziona. A meno che non ci sia necessità di espellere una grande quantità di aria in poco tempo, respirare dal naso è decisamente meglio, anche durante le attività intense.
Eccone alcuni tra i principali motivi del perché respirare dal naso:
- il respiro passa da una sorta di filtro che ne regola la temperatura e trattiene le macromolecole che verranno espulse con l’espirazione successiva;
- aiuta a mantenere il ritmo cardiaco costante e tendente al basso, limitando l’affanno, anche nelle attività a intenso ritmo come la corsa o di intenso sforzo muscolare;
- respirare con la bocca inevitabilmente comporta iperventilazione;
- allenare all’inspirazione ed espirazione dal naso durante tutte le attività sportive migliora notevolmente la capacità respiratoria;
- gli effetti della respirazione dal naso sono direttamente riscontrabili sul piano emotivo e psichico: hanno il potere di calmare la mente e placare lo stress.
Su quest’ultimo punto è interessante dedicare un approfondimento.
Nel 2019, al convegno annuale della Associazione nazionale insegnanti yoga (Y.A.N.I.) il cui tema era “Meditazione (sullo) Yoga”, tra i relatori figurava Angelo Gemignani, professore ordinario presso il Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica, ricercatore associato presso l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa e ricercatore affiliato all’Istituto di Scienze della Vita, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Se da una parte l’antica tecnica millenaria di evoluzione dell’essere umano chiamata yoga ci conduce in maniera intuitiva ed esperienziale a provare una serie di sensazioni tra cui benessere e calma, dall’altra oggi abbiamo strumenti per poter verificare e misurare ciò che avvertiamo a livello sensoriale, in coerenza con un approccio occidentale e razionale – quale è il nostro background.
Nel suo intervento, il professore Gemignani ha illustrato le ricerche svolte dal suo team sulla meditazione e i suoi effetti sul cervello dal punto di vista clinico. Qui sotto potete trovare la pubblicazione sulla rivista scientifica Nature del 2017 della ricerca.
La meditazione è un fenomeno attivo e tra i benefici che apporta, c’è quello della riduzione dello stress. Riduzione misurabile attraverso l’analisi e la raccolta di dati che il professor Gemignani ha ottenuto e confrontato su diversi campioni esaminati, da una parte esperti, come dei monaci buddisti, e dall’altra dei principianti che di pranayama, tecniche respiratorie di controllo del respiro, non ne sapevano nulla.
I risultati parlano chiaro: la meditazione impatta direttamente sul cervello, riduce la produzione di cortisolo, di adrenalina, dei radicali ossidativi e l’attività infiammatoria, tutti agenti generati dallo stress.
Il ruolo del respiro in tutto ciò è determinante perché con i suoi esperimenti il professor Gemignani dimostra che la gestione dello stress e dei suoi effetti non parte dal cervello ma bensì dal corpo.
Tecnicamente succede che la frequenza dell’aria che entra dal naso è uguale alla frequenza generata nel bulbo olfattivo. Quest’ultimo trasmette impulsi elettro-chimici sulle cortecce del cervello generando una sincronizzazione delle attività celebrale sulla base della frequenza dell’aria che entra nel naso. Si attivano circuiterie legate alla sfera emotiva, andando ad influenzare l’attività dell’amigdala, dell’ippocampo, della regione insula che reagisce agli stimoli provenienti dal corpo. Se respiriamo dalla bocca questa sincronizzazione non ha luogo.
Il respiro diventa quindi un potente strumento per coordinare le frequenze elettromagnetiche del cervello: uno strumento che, se correttamente usato, diventa fondamentale nel processo di acquisizione della consapevolezza e di intervento attivo sul nostro quotidiano.
E ricordate, inspiro ed espiro dal naso.